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Aggressioni Canine in Italia: Analisi, Evidenze e Strategie di Prevenzione

Pubblicato il 03/07/2025

aggressioni canine

Le aggressioni canine rappresentano una preoccupazione significativa per la salute pubblica e la sicurezza in Italia, causando annualmente migliaia di feriti e, in casi tragici, decessi.

Sebbene le stime indichino circa 70.000 aggressioni all'anno con esiti gravi o mortali, la mancanza di un'epidemiologia ufficiale e sistematica a livello nazionale rende difficile una quantificazione precisa del fenomeno e l'identificazione di tendenze dettagliate. I dati disponibili, anche se frammentari o comparativi con contesti internazionali, evidenziano che i bambini, in particolare quelli in età prescolare, sono le vittime più vulnerabili e che la maggior parte degli incidenti gravi si verifica all'interno della proprietà del proprietario, con il cane non al guinzaglio.

La discussione sul ruolo di specifiche razze canine in queste aggressioni è intensa. Sebbene alcune razze, come Pitbull e Rottweiler, siano statisticamente sovrarappresentate negli incidenti fatali in contesti internazionali, il consenso scientifico predominante nega l'esistenza di una predisposizione genetica all'aggressività intrinseca a una razza. L'aggressività è piuttosto il risultato di una complessa interazione di fattori comportamentali, ambientali, educativi e di gestione.

Il quadro normativo italiano attuale riflette questa comprensione, avendo abolito una precedente lista di razze "pericolose" (Ordinanza Sirchia del 2006) a causa di difficoltà applicative e per la sua natura discriminatoria. La legislazione vigente si concentra invece sulla responsabilità del proprietario, sull'obbligo di guinzaglio e museruola, sulla stipula di polizze assicurative in caso di rischio accertato e sull'istituzione di corsi formativi obbligatori ("Patentino") per i proprietari di cani che manifestano comportamenti problematici. Questo approccio si basa sulla gestione del comportamento individuale del cane e sulla formazione del proprietario, piuttosto che su divieti generalizzati basati sulla razza.

L'analisi critica della legislazione specifica per razza (BSL) a livello internazionale rivela una generale inefficacia nel ridurre le aggressioni canine e solleva significative problematiche di applicazione e discriminazione. Le prove suggeriscono che tali leggi non migliorano la sicurezza pubblica e distolgono risorse da strategie più efficaci.

In sintesi, la prevenzione più efficace delle aggressioni canine risiede nella promozione di una proprietà responsabile, nell'educazione cinofila, nella socializzazione precoce, nell'addestramento coerente e nella gestione comportamentale individualizzata dei cani che mostrano segni di aggressività. L'adozione di un approccio olistico che affronti le cause profonde del comportamento aggressivo, piuttosto che concentrarsi sulla razza, è fondamentale per la sicurezza delle comunità e il benessere degli animali.

1. Introduzione: Il Fenomeno delle Aggressioni Canine in Italia

1.1 Contesto e impatto sulla sicurezza pubblica

Le aggressioni canine rappresentano una questione di salute pubblica e sicurezza che suscita notevole preoccupazione in Italia. Questi incidenti, che vanno da semplici morsicature a lesioni gravi e, in casi estremi, fatali, alimentano frequentemente un dibattito pubblico intenso, spesso incentrato sul ruolo di determinate razze canine e sulla necessità di risposte legislative. La percezione di un aumento degli episodi o della loro gravità contribuisce a un senso di allarme sociale, spingendo verso la ricerca di soluzioni immediate e definitive.

Questo rapporto si propone di superare la narrazione aneddotica per fornire un'analisi strutturata e basata su dati concreti del fenomeno delle aggressioni canine. L'obiettivo è informare un dibattito politico e sociale più consapevole, fondato su evidenze scientifiche e sull'esperienza, al fine di sviluppare politiche di prevenzione più efficaci e mirate.

1.2 Obiettivi del report: Analisi, evidenze e proposte

Il presente studio si prefigge diversi obiettivi chiave per affrontare in modo esaustivo la problematica delle aggressioni canine in Italia:

2. Panoramica Statistica delle Aggressioni Canine in Italia

2.1 Dati su morsicature, feriti e ospedalizzazioni

Le aggressioni canine rappresentano un problema di salute pubblica di notevole entità in Italia. Le stime indicano un numero considerevole di incidenti annuali, con una fonte che riporta circa "70 mila aggressioni canine all'anno, con danni fisici gravi o mortali". Questo dato aggregato suggerisce una diffusa incidenza del problema su tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, un aspetto cruciale che emerge dall'analisi è la significativa limitazione nella raccolta dati: "In Italia non esiste una epidemiologia ufficiale e sistematica delle morsicature e delle aggressioni canine, né ai danni delle persone né di altri cani". Questa assenza di un sistema di monitoraggio centralizzato e rigoroso a livello nazionale impedisce una comprensione approfondita della portata esatta del fenomeno, delle sue caratteristiche dettagliate e delle tendenze temporali o geografiche.

La mancanza di dati precisi e sistematici rende difficile per i decisori politici formulare interventi mirati e basati su evidenze solide, oltre a ostacolare la valutazione dell'efficacia di eventuali misure legislative, come i divieti di razza. Senza informazioni granulari su quando, dove, come e in quali circostanze avvengono le aggressioni, è arduo progettare politiche preventive che siano realmente efficaci.

Nonostante l'assenza di un sistema epidemiologico nazionale, studi regionali o localizzati offrono uno spaccato più specifico. In Sicilia, un'analisi retrospettiva condotta tra il 2012 e il 2021 ha rilevato 449 individui ospedalizzati e dimessi a seguito di lesioni da morso di cane. Questo dato conferma che un numero significativo di aggressioni richiede interventi medici seri. A Roma, un altro studio ha evidenziato un tasso di incidenza annuale di 105,6 morsi di cane ogni 100.000 abitanti.

La tabella seguente riassume le statistiche chiave disponibili sulle aggressioni canine in Italia, evidenziando sia la portata stimata del problema sia le sfide legate alla disponibilità dei dati.

Statistica Chiave Valore / Dettaglio Fonte
Aggressioni Canine Annuali (Italia, stima) ~70.000 (con danni fisici gravi o mortali)
Epidemiologia Ufficiale (Italia) Non esiste un sistema ufficiale e sistematico di raccolta dati
Ospedalizzazioni per Morso di Cane (Sud Italia, 2012-2021) 449 casi registrati in Sicilia
Tasso di Incidenza Annuale (Roma) 105,6 morsi per 100.000 abitanti
Decessi Storici (Italia, 1984-2009) 32 vittime da 29 aggressioni
Decessi Annuali (USA, comparativo) ~13 decessi (70% bambini < 4 anni); situazione comparabile all'Italia
Fasce d'Età Più Colpite Bambini in età prescolare (0-5 anni), 1-14 anni, 5-9 anni
Disparità di Genere Maschi colpiti il doppio rispetto alle femmine
Luogo delle Aggressioni Fatali 78% nella proprietà del proprietario, cane non al guinzaglio
Periodi di Picco Mesi estivi e primaverili

2.2 Analisi dei casi di decesso e profili delle vittime

Sebbene i dati sui decessi specifici per aggressioni canine in Italia non siano sistematicamente disponibili per i periodi più recenti, le informazioni storiche e i confronti internazionali offrono un quadro indicativo. Tra luglio 1984 e febbraio 2009, in Italia si sono verificate 29 aggressioni con 32 vittime, coinvolgendo prevalentemente cani singoli. Sebbene questi dati siano datati, confermano la ricorrenza di incidenti fatali nel tempo.

Per una stima più attuale, si può fare riferimento ai dati statunitensi, dove si registrano circa 13 decessi annuali a seguito di morsi di cane, con una netta maggioranza (70%) che riguarda bambini, in particolare quelli di età inferiore ai 4 anni. La situazione italiana è considerata "sovrapponibile" a quella oltreoceano, suggerendo una scala simile di rischio fatale, pur in assenza di cifre nazionali definitive.

Un dato costante e di fondamentale importanza è la vulnerabilità dei bambini. I bambini in età prescolare (0-5 anni) sono stati il gruppo più frequentemente ospedalizzato per morsi di cane nel Sud Italia. Analogamente, a Roma, gli individui tra 1 e 14 anni rappresentano la fascia d'età più colpita, con una particolare incidenza tra i 5 e i 9 anni, spesso a causa di provocazioni involontarie o fastidi arrecati all'animale. Questo schema ricorrente sottolinea che le aggressioni gravi non sono eventi casuali, ma spesso coinvolgono le fasce più deboli della popolazione.

In termini di genere, i maschi sono colpiti in misura doppia rispetto alle femmine. Le aggressioni tendono a verificarsi più frequentemente nei mesi estivi e primaverili, probabilmente in correlazione con l'aumento delle attività all'aperto e delle interazioni tra cani e persone.

Un elemento critico per la comprensione delle aggressioni gravi e fatali è il contesto in cui avvengono. Una percentuale elevata, il 78% delle aggressioni fatali, si verifica all'interno della proprietà del proprietario, e il cane non è generalmente al guinzaglio. Questo dato è particolarmente significativo, poiché suggerisce che la maggior parte degli incidenti gravi non sono incontri casuali in spazi pubblici, ma piuttosto il risultato di problemi di supervisione, contenimento e interazione all'interno di ambienti domestici familiari.

Questa constatazione sposta l'attenzione delle strategie di prevenzione: non si tratta principalmente di "cani pericolosi" che vagano liberamente, ma di lacune nella gestione e nell'educazione all'interno del contesto familiare. La comprensione di questi fattori è essenziale per sviluppare interventi efficaci che mirino alla responsabilità del proprietario e alla promozione di interazioni sicure tra esseri umani e animali, specialmente con i soggetti più vulnerabili.

3. Il Ruolo delle Razze Specifiche nelle Aggressioni Gravi

3.1 Identificazione delle razze più frequentemente coinvolte in incidenti seri e fatali

La questione del coinvolgimento di specifiche razze canine nelle aggressioni è centrale nel dibattito pubblico e nella richiesta dell'utente. Sebbene in Italia non esista una raccolta sistematica di dati nazionali sull'incidenza delle aggressioni per razza, alcune indagini localizzate e statistiche internazionali offrono prospettive importanti.

Uno studio condotto a Roma ha identificato Pitbull, Rottweiler, Pastori Tedeschi, Bull Terrier, Labrador e Dobermann come razze con un rischio più elevato di aggressione. A livello più ampio, i dati provenienti da Nord America (USA e Canada) mostrano una correlazione statistica tra determinate razze e gli incidenti fatali. Pitbull, Rottweiler e incroci di lupo sono stati segnalati come coinvolti in circa il 77% di tutte le aggressioni canine e l'81% delle aggressioni agli adulti.

In particolare, i Pitbull sono associati al numero più alto di decessi, con 284 vittime registrate in un periodo di studio (2005-2019) negli Stati Uniti e in Canada, rappresentando il 65,6% di tutti i morsi fatali. I Rottweiler seguono con 45 decessi (10,4%) nello stesso periodo. Altre razze frequentemente menzionate in incidenti fatali includono Pastori Tedeschi (20 decessi), American Bulldog (15 decessi), Mastiff (14 decessi), Siberian Husky (13 decessi), Doberman Pinscher (6 decessi), Akita e Chow Chow.

Le capacità fisiche di alcune di queste razze, in particolare la loro forza del morso, sono un fattore rilevante nella gravità delle lesioni. Ad esempio, i Rottweiler hanno una forza del morso riportata di 328 PSI, mentre i Mastiff possono superare i 550 PSI. Questo suggerisce che, quando queste razze potenti attaccano, il potenziale di lesioni gravi o fatali è intrinsecamente più elevato.

La tabella seguente riassume le razze canine più frequentemente associate ad aggressioni gravi o fatali, basandosi principalmente su dati comparativi internazionali, che sono i più dettagliati disponibili sull'argomento.

Razza Canina Decessi Fatali (USA/Canada, es. 2005-2019) Percentuale sul Totale Decessi Fatali (USA/Canada) Forza del Morso (PSI, ove riportato)
Pitbull 284 65,6% Non specificato, ma elevata
Rottweiler 45 10,4% 328
Pastore Tedesco 20 4,6% Non specificato
American Bulldog 15 3,5% Non specificato
Mastiff 14 3,2% >550
Siberian Husky 13 3,0% Non specificato
Doberman Pinscher 6 1,4% Non specificato
Altre (es. Akita, Chow Chow, Bull Terrier, Labrador) Variabile, con incidenza minore Variabile Variabile

Nota: I dati sui decessi sono prevalentemente basati su statistiche provenienti da USA e Canada, dove la raccolta dati è più sistematica. Le razze identificate in studi italiani localizzati (es. Roma) includono Pitbull, Rottweiler, Pastore Tedesco, Bull Terrier, Labrador e Doberman.

3.2 Discussione sulla predisposizione genetica vs. fattori ambientali e di gestione

Nonostante le correlazioni statistiche osservate in alcuni set di dati, in particolare per quanto riguarda gli attacchi fatali, esiste un consenso scientifico ampio e consolidato che mette in discussione la nozione di aggressività intrinseca alla razza. Organizzazioni leader nel campo del benessere animale e della medicina veterinaria, come l'American Veterinary Medical Association (AVMA), la National Animal Control Association e i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti, si oppongono alla legislazione specifica per razza (BSL), affermando esplicitamente che "nessuna razza è più propensa a mordere di un'altra".

La credenza popolare che alcune razze, come i Pitbull, possano "impazzire" o diventare imprevedibilmente aggressive è esplicitamente smentita come un "mito privo di fondamento scientifico". Questo significa che il comportamento aggressivo non è predeterminato dalla genetica della razza in modo tale da renderla intrinsecamente pericolosa.

Al contrario, l'aggressività nei cani è riconosciuta come un fenomeno complesso, influenzato da una moltitudine di fattori che vanno oltre la semplice appartenenza a una razza. Questi includono la storia individuale del cane (ad esempio, traumi passati), il suo comportamento specifico, la dimensione generale, il numero di cani coinvolti in un incidente e la vulnerabilità della persona morsa. Fattori cruciali come l'educazione, i traumi pregressi e il comportamento generale del cane sono evidenziati come determinanti primari dell'aggressività.

La gestione irresponsabile da parte del proprietario è costantemente identificata come un fattore di rischio significativo che contribuisce agli incidenti aggressivi. Questo include la mancanza di supervisione, la mancata sterilizzazione o castrazione, e una socializzazione insufficiente. Ciò suggerisce che, mentre alcune razze possono possedere attributi fisici (come la forza del morso) che portano a esiti più gravi quando un attacco si verifica, la propensione all'aggressività stessa è modellata principalmente da fattori ambientali, dalla socializzazione, dall'addestramento e dalla gestione da parte del proprietario.

Pertanto, concentrarsi esclusivamente sui divieti di razza rischia di diagnosticare erroneamente il problema e di trascurare le cause comportamentali e umane più influenti dell'aggressività. La comprensione di questa distinzione tra il potenziale di danno (legato alle caratteristiche fisiche) e la probabilità di aggressione (legata a fattori comportamentali e di gestione) è fondamentale per formulare politiche di prevenzione efficaci e basate su evidenze scientifiche.

4. Quadro Normativo Italiano e Gestione delle Aggressioni Canine

4.1 Assenza di liste ufficiali di "cani pericolosi" e precedenti legislativi

Un aspetto fondamentale dell'attuale quadro giuridico italiano in materia di cani è l'esplicita assenza di una lista nazionale di "cani pericolosi". La normativa vigente stabilisce chiaramente che "In Italia non esiste un elenco di 'cani pericolosi'". Questa posizione contrasta direttamente con la proposta di vietare il commercio di specifiche razze basandosi su una tale lista.

Storicamente, l'Italia aveva tentato di implementare regolamentazioni specifiche per razza. Un'ordinanza del Ministero della Salute del 2006, nota come Ordinanza Sirchia, includeva effettivamente un elenco di 17 razze canine considerate potenzialmente pericolose. Tra queste figuravano razze come American Bulldog, Pit Bull, Rottweiler, Dogo Argentino, Cane da Pastore dell'Asia Centrale, Cane da Pastore del Caucaso e Mastino Napoletano.

Tuttavia, questa ordinanza del 2006 e la sua lista di razze sono state successivamente abrogate da provvedimenti legislativi successivi. Le ragioni addotte per la sua abolizione includevano "difficoltà nella realizzazione e perchè ritenuto discriminatorio verso alcune razze". Il quadro normativo attuale, in particolare l'Ordinanza del 18 luglio 2019, conferma esplicitamente che la precedente ordinanza del 2006 con la sua lista non è più in vigore. Questo percorso legislativo denota un deliberato spostamento della politica italiana lontano dalle restrizioni basate sulla razza.

Questa evoluzione è significativa: l'Italia ha già sperimentato la legislazione specifica per razza (BSL) e, a seguito delle difficoltà pratiche e delle obiezioni etiche legate alla discriminazione, ha scelto di abbandonarla a favore di un approccio più sfumato e incentrato sul comportamento individuale. Ciò fornisce un contesto storico cruciale per comprendere perché un divieto diretto, come quello proposto dall'utente, non è in linea con gli attuali principi giuridici e l'esperienza normativa italiana.

4.2 Obblighi e responsabilità dei proprietari: Guinzaglio, museruola, assicurazione e "Patentino"

Nell'attuale sistema legale italiano, la responsabilità del proprietario è centrale nella gestione degli animali. Il proprietario è inequivocabilmente ritenuto responsabile del benessere e del controllo del proprio animale e, di conseguenza, risponde civilmente e penalmente per i danni o le lesioni che questo arreca a persone, altri animali o cose. Questo pone un onere legale significativo sui proprietari di animali domestici.

La normativa impone obblighi specifici per la condotta dei cani in pubblico: i proprietari devono utilizzare sempre un guinzaglio (lunghezza massima 1,5 metri) nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, ad eccezione delle aree designate per cani. Devono inoltre portare con sé una museruola e applicarla se necessario.

In situazioni in cui un cane manifesta un rischio significativo o provoca lesioni gravi, i Servizi Veterinari locali hanno l'autorità di stabilire misure preventive e di imporre interventi terapeutici comportamentali, da attuarsi sotto la supervisione di veterinari esperti. Questi Servizi Veterinari sono anche tenuti a mantenere un registro aggiornato dei "cani pericolosi", una designazione che si basa su valutazioni individuali del comportamento del cane e della gravità delle lesioni causate, piuttosto che sulla sua razza.

I proprietari i cui cani sono inclusi in questo registro dei "cani pericolosi" sono legalmente obbligati a stipulare una polizza di assicurazione per responsabilità civile verso terzi e ad applicare costantemente sia il guinzaglio che la museruola quando il cane si trova in luoghi pubblici.

Un elemento chiave della prevenzione è il "Patentino", che si riferisce a corsi di formazione obbligatori per i proprietari di cani. Questi corsi, condotti da veterinari specialisti, sono richiesti in particolare per i proprietari di cani che necessitano di una valutazione comportamentale a causa delle loro esigenze di gestione complesse, con l'obiettivo primario di tutelare l'incolumità pubblica.

La legge italiana proibisce inoltre pratiche che esaltano l'aggressività (come specifici metodi di addestramento), il doping e determinati interventi chirurgici non terapeutici (come il taglio della coda, delle orecchie o delle corde vocali). È anche vietata la detenzione di cani per coloro che hanno ricevuto determinate condanne penali. L'insieme di queste misure – responsabilità legale, obblighi di gestione, valutazioni comportamentali, assicurazione e formazione obbligatoria – riflette un approccio completo e sfumato. Questa strategia mira a mitigare il rischio affrontando sia l'elemento umano (educazione e responsabilità del proprietario) sia il comportamento individuale dell'animale, allontanandosi da una mentalità che "colpevolizza la razza" per adottare un paradigma che "gestisce il comportamento e il proprietario".

4.3 Il ruolo dei Servizi Veterinari e delle ASL

I Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) svolgono un ruolo cruciale nella gestione degli episodi individuali di aggressione canina in Italia. Sono gli enti preposti a valutare i singoli incidenti e a prescrivere percorsi comportamentali appropriati per i cani coinvolti. Nei casi in cui si riscontri un rischio serio, le ASL rendono obbligatori corsi di formazione per i proprietari.

In particolare, i Servizi Veterinari sono incaricati di tenere un registro aggiornato dei "cani pericolosi". L'iscrizione in questo registro si basa sulla valutazione del comportamento del cane e sulla gravità delle lesioni che ha causato, garantendo che l'attenzione rimanga sul rischio individuale piuttosto che sulla generalizzazione basata sulla razza. Questo sistema permette un intervento personalizzato, mirato alla riabilitazione del cane e all'educazione del proprietario, piuttosto che a divieti generalizzati.

Tuttavia, questo approccio decentralizzato e basato sull'incidente, pur consentendo risposte mirate a livello locale, contribuisce alla sfida di aggregare statistiche nazionali complete e sistematiche sui morsi di cane. La mancanza di un'epidemiologia ufficiale a livello nazionale, come evidenziato in precedenza, è in parte una conseguenza di questo modello di gestione localizzato, che rende difficile monitorare l'andamento generale del fenomeno e l'efficacia delle politiche a lungo termine su scala nazionale.

5. Analisi Critica della Legislazione Specifica per Razza (BSL)

5.1 Argomenti a favore del divieto di commercio e detenzione di specifiche razze

I sostenitori della Legislazione Specifica per Razza (BSL) argomentano che tali leggi sono essenziali per migliorare la sicurezza delle comunità, prevenendo attacchi da parte di razze ritenute avere una "propensione genetica ad attaccare e infliggere lesioni gravi e sfiguranti". Questa prospettiva spesso enfatizza le capacità fisiche di alcune razze, come la loro forza e la potenza del morso, che possono portare a esiti più gravi in caso di aggressione.

A supporto di queste affermazioni, vengono frequentemente citati dati statistici, prevalentemente dal Nord America, che mostrano una sovrarappresentazione di alcune razze, in particolare Pitbull e Rottweiler, negli attacchi fatali. Ad esempio, i Pitbull sono stati associati a 346 decessi su un totale di 521 decessi per morso di cane tra il 2005 e il 2019.

I fautori della BSL indicano anche casi specifici in cui l'implementazione di tali leggi sembra aver ridotto gli incidenti. Ad esempio, nella Contea di Prince George, Maryland, si è registrata una diminuzione del 43% dei morsi di cane complessivi e del 35% dei morsi di Pitbull dopo l'introduzione della BSL. Al contrario, l'annullamento della BSL a Pawtucket, Rhode Island, sarebbe stato seguito da un aumento di dieci volte degli attacchi di Pitbull.

Alcuni argomenti presentano la BSL come una misura umana per scoraggiare l'allevamento e i combattimenti di certi cani, in particolare i Pitbull, spesso percepiti come allevati per la violenza e soggetti ad abusi nei circuiti di combattimento. Ingrid Newkirk, presidente di PETA, sostiene il divieto di allevamento di Pitbull e la loro eutanasia in molti rifugi, argomentando che questi cani sono stati specificamente allevati come "armi" per combattere e uccidere altri animali, possedendo tratti fisici come mascelle potenti e tenacia.

Anche in Italia esiste un'advocacy politica a favore della BSL. Il senatore Andrea Fluttero, ad esempio, ha presentato un disegno di legge che propone il divieto di allevamento, produzione, importazione e vendita di "razze pericolose" (es. Pitbull, Rottweiler). Egli sostiene che l'aggressività in queste razze sia un "fattore genetico" su cui l'uomo non può intervenire se non attraverso misure di eliminazione graduale. La logica centrale a favore della BSL deriva quindi da una convinzione nella predisposizione genetica all'aggressività in alcune razze e dalla loro sovrarappresentazione statistica negli attacchi gravi o fatali.

Questa prospettiva inquadra la BSL come una misura necessaria per la sicurezza pubblica, percependo queste razze come un rischio intrinseco per la società che giustifica una regolamentazione generalizzata, analogamente a come vengono regolamentati altri oggetti potenzialmente pericolosi. Questo argomento spesso trova risonanza nella paura pubblica e nel desiderio di una soluzione semplice e decisa a un problema complesso, anche se ciò comporta una semplificazione delle sfumature biologiche e comportamentali dell'aggressività canina.

5.2 Argomenti contro il divieto di commercio e detenzione di specifiche razze: Inefficacia, discriminazione e problematiche applicative

Esiste un forte e diffuso consenso tra le principali organizzazioni per il benessere animale e gli enti scientifici, tra cui l'American Veterinary Medical Association (AVMA), la National Animal Control Association, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti e Humane World for Animals, che si oppongono alla BSL. Essi affermano che non ci sono "prove che le leggi specifiche per razza riducano i morsi o gli attacchi di cani alle persone".

La ricerca scientifica dichiara esplicitamente: "Scientificamente non è mai stato dimostrato che ci siano razze più aggressive di altre". Inoltre, gli studi suggeriscono che "le misure restrittive legislative riguardo ai cani potenzialmente pericolosi non sono efficaci nel controllo dell'aggressione di cani verso le persone".

I principali argomenti sollevati contro la BSL includono:

L'opposizione forte e coerente alla BSL da parte delle principali organizzazioni scientifiche e professionali deriva da una critica multi-sfaccettata: la BSL identifica erroneamente la causa principale dell'aggressività (colpevolizzando la razza anziché il comportamento o il proprietario), è praticamente inapplicabile a causa delle difficoltà intrinseche nell'identificazione della razza ed è intrinsecamente discriminatoria. Una conseguenza chiave è che la BSL non è solo inefficace, ma attivamente dannosa, poiché consuma risorse (finanziarie, umane, spazio nei rifugi) che potrebbero essere allocate in modo più efficace a strategie di prevenzione complete e neutre rispetto alla razza. Le prove empiriche provenienti da comunità che hanno abrogato la BSL senza un aumento degli incidenti forniscono un forte supporto a questa argomentazione.

5.3 Evidenze scientifiche ed esperienze internazionali sull'efficacia delle BSL

Come ampiamente discusso, il consenso scientifico tra le organizzazioni veterinarie e di controllo degli animali è che la legislazione specifica per razza (BSL) non è una soluzione efficace per la prevenzione dei morsi di cane. Studi e posizioni ufficiali di enti come l'AVMA, il CDC e Humane World for Animals indicano che non esiste una prova scientifica che dimostri che alcune razze siano intrinsecamente più aggressive di altre.

L'esperienza internazionale rafforza questa posizione. Molte giurisdizioni che hanno implementato la BSL hanno riscontrato difficoltà nella sua applicazione, principalmente a causa dell'impossibilità di identificare con precisione la razza di un cane, soprattutto in caso di meticci, basandosi solo sull'aspetto. Questa ambiguità porta a un'applicazione arbitraria e a conseguenze ingiuste per cani e proprietari responsabili.

Inoltre, l'abrogazione della BSL in diverse aree non ha portato a un aumento dei morsi di cane, come dimostrato dall'esperienza dell'Ohio, dove si è registrata una diminuzione delle richieste di risarcimento legate ai cani dopo l'abolizione della legge basata sulla razza. Questo suggerisce che le risorse e l'attenzione dedicate alla BSL sono meglio impiegate in approcci più mirati e basati sull'evidenza.

Un rapporto del medico legale sul tragico attacco di cane a Montreal nel 2016 ha anche concluso che i divieti di razza sono inefficaci e inutili.

In sintesi, le evidenze scientifiche e le esperienze internazionali convergono nel dimostrare che la BSL non è una soluzione affidabile o efficace per la prevenzione delle aggressioni canine. Tali leggi non affrontano le cause reali dell'aggressività, che sono complesse e multifattoriali, e tendono a distogliere risorse da strategie di prevenzione più produttive e umane.

6. Strategie di Prevenzione Efficaci e Approcci Alternativi

6.1 Promozione della proprietà responsabile e dell'educazione cinofila

La prevenzione delle aggressioni canine si basa in larga misura sulla promozione di una proprietà responsabile e su un'educazione cinofila mirata. Questi approcci affrontano le cause profonde dell'aggressività, piuttosto che concentrarsi su divieti generalizzati di razza.

Elementi chiave della proprietà responsabile includono:

L'importanza di rivolgersi a professionisti qualificati, come educatori cinofili o veterinari comportamentalisti, è sottolineata per la gestione di cani che mostrano aggressività. L'improvvisazione in queste situazioni può peggiorare il comportamento del cane e mettere a rischio la sicurezza.

6.2 Interventi comportamentali e riabilitazione per cani aggressivi

L'aggressività nei cani è spesso un sintomo di problemi comportamentali sottostanti, che possono derivare da paura, dolore, traumi passati o mancanza di socializzazione. Pertanto, un approccio efficace alla prevenzione e alla gestione delle aggressioni si concentra sulla comprensione e sulla modifica di questi comportamenti.

Quando un cane manifesta aggressività, il primo passo è garantire la sicurezza di tutti i soggetti coinvolti. Successivamente, è fondamentale evitare la violenza o l'intimidazione, poiché tali metodi non solo sono inefficaci ma possono esacerbare l'aggressività del cane, portando a un peggioramento del comportamento. L'obiettivo non è semplicemente controllare il cane attraverso l'obbedienza forzata, ma piuttosto lavorare per far sì che il cane non abbia più il desiderio di aggredire.

Questo processo richiede un intervento professionale. Veterinari comportamentalisti ed educatori cinofili specializzati possono condurre una valutazione approfondita del comportamento del cane per determinarne le cause scatenanti. Sulla base di questa valutazione, viene sviluppato un piano di intervento terapeutico comportamentale. Questo piano mira a:

Durante il percorso di riabilitazione, è essenziale l'uso di strumenti di sicurezza come recinzioni, museruole e guinzagli adeguati, oltre a una preparazione del proprietario per prevenire situazioni di pericolo. L'efficacia di questi interventi dipende in gran parte dall'abilità del professionista e dall'impegno del proprietario.

L'approccio scientifico e basato sul comportamento è l'unico modo per ottenere risultati duraturi e prevenire il ricorso a soluzioni estreme come il canile o la soppressione.

6.3 Ruolo della formazione e della sensibilizzazione pubblica

La formazione e la sensibilizzazione pubblica sono pilastri fondamentali per una prevenzione efficace delle aggressioni canine, complementari alla proprietà responsabile e agli interventi comportamentali individuali.

In definitiva, la formazione e la sensibilizzazione pubblica sono strumenti proattivi che mirano a creare una cultura di maggiore consapevolezza e responsabilità, riducendo le probabilità di aggressioni attraverso una migliore comprensione e gestione delle dinamiche uomo-animale.

Conclusioni e Raccomandazioni

Il fenomeno delle aggressioni canine in Italia rappresenta una seria preoccupazione per la salute pubblica, con stime che indicano decine di migliaia di incidenti annuali che causano feriti e, in casi tragici, decessi. Tuttavia, la mancanza di un'epidemiologia ufficiale e sistematica a livello nazionale costituisce una lacuna critica che ostacola una comprensione precisa del problema e la formulazione di politiche efficaci.

I dati disponibili suggeriscono che i bambini sono le vittime più vulnerabili e che la maggior parte degli incidenti gravi si verifica in contesti domestici, evidenziando l'importanza della supervisione e della gestione all'interno della proprietà.

L'analisi del ruolo delle razze specifiche rivela una dicotomia tra la percezione pubblica e il consenso scientifico. Sebbene alcune razze siano statisticamente sovrarappresentate negli incidenti fatali in contesti internazionali, la comunità scientifica e le principali organizzazioni veterinarie e per il benessere animale concordano nel negare una predisposizione genetica all'aggressività intrinseca a una razza. L'aggressività è, invece, un comportamento multifattoriale influenzato da elementi quali l'educazione, la socializzazione, i traumi e la gestione da parte del proprietario.

Il quadro normativo italiano attuale riflette questa comprensione, avendo abbandonato un precedente tentativo di legislazione specifica per razza (BSL) a favore di un approccio incentrato sulla responsabilità del proprietario e sulla gestione comportamentale individuale del cane. Le leggi vigenti impongono obblighi precisi ai proprietari (guinzaglio, museruola, assicurazione) e prevedono interventi comportamentali e corsi di formazione ("Patentino") per i cani e i proprietari che manifestano comportamenti a rischio. Questo sistema, gestito a livello locale dai Servizi Veterinari delle ASL, pur essendo mirato e flessibile, contribuisce alla frammentarietà dei dati nazionali.

L'esame critico della BSL a livello internazionale conferma la sua inefficacia nel migliorare la sicurezza pubblica, evidenziando al contempo problematiche di applicazione e discriminazione. Le esperienze di paesi che hanno abrogato tali leggi senza un aumento degli incidenti rafforzano l'argomento contro i divieti basati sulla razza.

Sulla base di queste conclusioni, si formulano le seguenti raccomandazioni per affrontare il problema delle aggressioni canine in Italia in modo più efficace e basato su evidenze:

Adottare queste raccomandazioni consentirebbe all'Italia di implementare un approccio più scientifico, umano ed efficace alla prevenzione delle aggressioni canine, tutelando la sicurezza pubblica e promuovendo il benessere animale.

Bibliografia